
Facciamo le valigie, andiamo a Tel Aviv

La notizia è di qualche giorno prima rispetto le vacanze natalizie, esattamente del 17 dicembre scorso, ma abbiamo scelto di comunicarla solo ora per inaugurare questo 2021 nel migliore dei modi.
A giugno dello scorso anno infatti è stata rinnovata la procedura di selezione per il finanziamento della mobilità in Israele di start-up Italiane. Un bando indetto dall’Ambasciata d’Italia in Israele e l’Agenzia ICE, con la collaborazione del Ministro per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione, Intesa Sanpaolo Innovation Center, la Camera di Commercio e Industria Israele-Italia e acceleratori israeliani.
Il fine della procedura era quella di offrire a start-up innovative italiane l’opportunità di un periodo di accelerazione di dieci settimane nell’ecosistema dell’innovazione israeliano.
Bene, abbiamo partecipato e siamo risultati tra i soggetti ammessi.
Per noi è una grande occasione: Israele è uno dei migliori ecosistemi di innovazione al mondo e per confermarlo basta considerare che attualmente ospita più di 6000 start-up e oltre 350 laboratori di sviluppo e centri per l’innovazione di grandi multinazionali.
Intraprendere questo percorso – come ha sottolineato l’Ambasciatore Benedetti – rappresenta l’opportunità di esporre il nostro progetto a investitori di tutto il mondo in un Paese nel quale si concentrano ogni anno investimenti privati su realtà hi-tech per circa 8 miliardi di dollari, molte startup crescono fino ad affermarsi nel panorama internazionale e la media di exit delle start-up è vicina ai 100 milioni.
Da metà aprile inizierà questo nuovo viaggio che, siamo convinti, ci porterà lontano e che continueremo a raccontarvi sul nostro P-magazine.
Poetronicart s.r.l.
Start-up innovativa
insediata presso BIC Incubatori FVG
TRIESTE
Location
Via Flavia 23/1 – 34148 | TRIESTE
Via Ofanto 18 – 00198 | ROMA
Via Nino Bixio 19 – 20123 | MILANO
Info
P. IVA IT01282080322
Cap. Soc. € 125.000,00 I.V.
Codice destinatario: M5UXCR
Abbiamo più volte raccontato il mercato dell’Arte, quanto questo sia importante per l’intero ecosistema economico e di come le forti barriere che lo caratterizzano siano superabili grazie alle implementazioni tecnologiche.
Per questo abbiamo siglato un accordo di collaborazione con Vection Technologies, un’azienda di software multinazionale che offre tecnologie real-time tramite soluzioni 3D, Realtà Virtuale, Realtà Aumentata, sviluppo web e App iOS e Android.
Insieme potremo dare vita a vere e proprie esperienze digitali all’interno del nostro Art Business Village grazie all’implementazione delle soluzioni che li hanno resi tra le società più riconosciute del settore.
Gianmarco Biagi, l’Amministratore Delegato di Vection Technologies, ha commentato:
“Le tecnologie di realtà virtuale e aumentata rappresentano una significativa opportunità per gli operatori artistici / culturali di sbloccare nuovi strumenti di business per raggiungere visitatori, clienti e persone. L’attuale contesto pandemico sta accelerando la reinvenzione dei settori, dove la trasformazione digitale e le tecnologie emergenti giocheranno un ruolo fondamentale. Poetronicart è il partner ideale per accelerare la nostra strategia in questo settore, con profonda conoscenza e portata commerciale per portare sul mercato nuovi modelli di business innovativi allineati con l’Industria 4.0 “.
Stiamo già collaborando per lo sviluppo di una prima piattaforma pilota il cui rilascio è previsto per il Q1 di quest’anno.
Per noi è una significativa opportunità di accelerazione per introdurre strumenti innovativi e consentire quel processo generativo di valore che anima ogni nostro sforzo. Vection Technologies (che è presente direttamente in Italia, Stati Uniti, India e Australia ed è quotata sulla borsa australiana) è indubbiamente il partner perfetto per un grande salto in avanti.
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L’obiettivo della mobile app “Hungarian Memories” è di presentare i luoghi della memoria e della cultura ungherese, di rendere visibili e visitabili le tracce della presenza, della storia e dell’arte ungherese all’estero. L’applicazione è stata realizzata dall’Accademia d’Ungheria in Roma, Ministero degli Affari Esteri e del Commercio, in collaborazione con Poetronicart Srl.
Da un lato i colori cangianti delle illustrazioni di sette giovani artisti. Dall’altro, in caratteri tipografici, il nome di un animale e un sostantivo che contrassegna il rapporto dell’uomo, tutt’altro che etico, con quell’animale. Dalla A di astice/acqua alla Z di zebra/zoo
Le “Cartaviglie degli animali” mettono in luce l’ABC delle potenzialità della realtà aumentata rispetto all’editoria.
Cristina Treppo, artista e docente presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. La sua ricerca attraversa la scultura, l’installazione e la fotografia. Vive e lavora tra Udine e Firenze e ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Venezia e all’Accademia Albertina di Torino.
Le sue opere sono caratterizzata dall’utilizzo, spesso combinato, di materiali di diversa natura: dalla leggerezza e la fragilità del vetro fino alla robustezza del cemento.
La abbiamo incontrata per porle 10 domande, così da conoscerla meglio e apprezzare il suo punto di vista.
1. C’è un fil rouge che collega tutte le tue opere o sono frutto di ispirazioni estemporanee?
Se possibile parto dall’analisi di un luogo, di un edificio, e creo allestimenti site-specific, considerandone la destinazione d’uso e la storia. Ma non è un processo scontato, può avvenire anche il contrario: che un lavoro, o una serie di lavori, si innesti in un contesto dando vita a un dialogo fatto di assonanze o contrasti. Importante è che i progetti escano della dimensione dello studio, perché è proprio lo sguardo in un ambiente esterno che apre a nuovi significati.
Gli spazi sono animati da presenze, da fantasmi. Il filo che percorro è quello della memoria, prendendo in considerazione le tracce che lascia il passaggio delle persone, degli eventi e delle condizioni atmosferiche. Vorrei riuscire a cogliere gli strati sottili, invisibili, per trasmettere emozioni.
2. Parliamo di materiali e semilavorati. Le tue opere ne usano svariati, molto diversi. Come li scegli?
Nel tempo ho usato materiali diversi, che messi insieme sembravano potenziarsi, perché avevano caratteristiche dissonanti. Penso ad esempio al vetro, che in relazione a corpi pesanti sembra ancora più fragile. In un’altra fase mi sono servita di mobili e oggetti trovati che assemblavo e modificavo, rendendoli disfunzionali. Mi sembravano interessanti perché possedevano già strati di vita, una storia propria, il più delle volte misteriosa. In questo momento sono più interessata alla trasformazione di materie prime, al grado zero di un elemento che può diventare ogni cosa.
3. Qual è il materiale che ti è piaciuto di più incontrare e lavorare?
La ricerca degli ultimi anni si avvita intorno all’uso del cemento. E’ un materiale idealmente riconducibile all’architettura, che allo stesso tempo può essere usato per realizzazioni in grande scala o per piccole costruzioni, associandosi all’idea di casa o di monumento. Riprendendo il discorso di prima credo di restare ancorata a questo materiale perché è molto sensibile, raccoglie ogni impronta, ha una superficie piena di dettagli e imperfezioni imprevedibili che rimandano immediatamente a un’idea di vissuto. Poi io non sono molto paziente, lavorare con il cemento richiede rapidità, e il risultato appare evidente dopo poche ore, quando si solidifica e diventa possibile aprire gli stampi. C’è un rapporto diretto e immediato tra forma ideale e forma materiale, concreta, con sempre un margine di variabilità che rende unico ogni pezzo. I limiti del cemento invece sono la poca plasmabilità, il suo carattere un po’ rigido e la pesantezza, che si traduce anche in fragilità, perché e difficile ottenere spessori di piccole dimensioni senza dover ricorrere a un’armatura.
4. Gli oggetti della quotidianità sono spesso soggetti della tua arte. Come cambierà a causa della pandemia il rapporto con lo spazio? Come lo rappresenterai?
Da un po’ sto lavorando al Vaso come forma archetipica. E’ un oggetto universale, che rimanda alla struttura del corpo, agli organi del corpo. Può contenere sostanze vitali, liquidi e cibo, oppure ceneri, o fiori, elementi che rappresentano la caducità delle cose, la trasformazione, la Vanitas. Credo che approfondirò ancora questi temi, definendo delle serie di pezzi simili, dove è possibile far vivere nello spazio il singolo elemento o tante forme coerenti organizzate in installazioni, guardando alla scultura, ma anche all’oggetto d’uso, al design.
La pandemia ha portato con sé la necessità di ridefinire il contesto pubblico attraverso la misurazione e la delimitazione dello spazio interpersonale per garantire distanziamento e sicurezza, con soluzioni estetiche simili in tutto il pianeta. La definizione di area individuale e collettiva, e il confine tra le due dimensioni è un argomento interessante. Sto riflettendo su queste realtà, coinvolgendo i miei studenti all’Accademia, guardando alla traduzione formale e concettuale dell’idea di spazio da parte degli artisti, nella continua oscillazione tra sensibilità soggettiva e interrelazione. Essere artisti ci pone in una posizione di responsabilità, quello di cui ci occupiamo ha a che fare con strutture che trasformano il pensiero in contenuti visibili.
5. Cosa ti ha fatto perseverare – situazioni o persone – nella tua carriera di artista?
Forse proprio la necessità, come stavo dicendo prima, di dare vita a disegni mentali, che magicamente, attraverso passaggi, fasi, scelte, a partire dal nucleo del progetto iniziale, diventano oggetti, corpi che vivono in un luogo. In genere mi appaiono immagini molto chiare di come dovrebbero uscire le cose, anche se poi il rapporto tra idea e potenzialità della materia comporta fatica, compromessi, accettazione di limiti. E’ proprio così, mi sembra irrinunciabile non realizzare qualcosa che si è affacciato nella mia mente, voglio dargli una possibilità.
6. Promuoversi come artista: quali difficoltà, oggi?
Un artista deve avere tante competenze. Conoscere, non essere ingenuo, saper fare (o saper delegare), essere capace di veicolare il proprio lavoro. Il problema per me è sempre il tempo, che non basta mai. Non è facile seguire ogni aspetto, definire come e dove deve collocarsi una poetica e intuire come può essere percepita. I mezzi di comunicazione e l’opportunità di relazionarsi velocemente a distanza rendono però tutto più fluido riducendo i tempi.
7. Che ruolo ha la tecnologia nella realizzazione delle tue opere?
E’ molto utile nella fase di ricerca. Poter entrare in un database e accedere a un numero enorme di informazioni, a storie e schede tecniche di materiali è importantissimo, come è prezioso possedere un archivio personale di immagini da sfogliare ogni tanto come promemoria visivo. La fotografia cattura istanti che possono diventare appunti, evoca intuizioni che tendono a dissolversi, come un disegno o una frase annotata rapidamente.
8. E nel promuoverle?
Senza la tecnologia sarebbe molto difficile documentare il proprio lavoro, organizzare e catalogare quello che facciamo. Penso al mio sito come a un archivio aperto a tutti, dove ogni galleria corrisponde a un progetto. Mi serve come traccia per inanellare un anno all’altro.
Ora la gran parte dei musei e delle gallerie si è organizzata proponendo eventi e mostre visibili nella rete, dove accanto alla pubblicazione di situazioni reali vengono generate opere e manifestazioni virtuali. E’ interessante. Si assiste a una certa smaterializzazione, come in un allestimento teatrale effimero, con la sovrapposizione tra la concretezza di un manufatto, che ha un valore e delle dimensioni tangibili e la fantasmagorica messa in scena di un’illusione.
9. Essere artista e insegnante: come sono collegate queste due dimensioni?
Insegnare in un’Accademia è un privilegio. Non c’è un vero confine tra i due ruoli. Studiare, documentarmi, trasmettere, ricevere, tutto ruota attorno a un processo interessante. Tutto è collegato. Il lavoro che fanno i ragazzi è sorprendente, aperto a tante eventualità.
10. Su cosa è indirizzata la tua ricerca?
Ultimamente mi sento più vicina a contesti legati al design, anche se non smetto di guardare all’evolversi dell’arte contemporanea, con le sue infinite potenzialità espressive. Curiosamente trovo molti punti di contatto con l’architettura di interni, dove si sperimentano sempre nuovi materiali in sinergia. Realizzare oggetti con una funzione precisa pone dei limiti dentro i quali il progetto appare più chiaro. L’utilità che deve essere attribuita all’oggetto stesso sembra amplificarne il significato.
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L’applicazione della tecnologia blockchain al mondo dell’arte non si limita alla sola certificazione delle opere, ma permette anche di acquistarle (almeno in parte), rendendo gli investimenti nel mercato dell’arte accessibili a tutti.
Quando si parla di investimenti nel mercato dell’arte, non bisogna per forza pensare di essere milionari (sarebbe un po’ come non comprare un’azione di Amazon perché non si possiede il denaro per comprare l’intera azienda). Però, al contempo, bisogna discostarsi dal paradigma del possesso in senso stretto, quello che prevede la presenza materiale dell’opera d’arte, spostandosi al concetto di proprietà condivisa.
Infatti, come abbiamo visto nel primo articolo pubblicato in tema blockchain, chiunque potrebbe acquistare ‘un pezzo’ della Gioconda, almeno fintanto che non si pensi di metterla in salotto. Ma, per comprendere nello specifico questo passaggio, risulta utile rispolverare i concetti di blockchain e token.
Mentre possiamo considerare la blockchain come un registro digitale in grado di garantire la certezza e la verificabilità delle transazioni eseguite e condivise tra i suoi partecipanti, i token sono la rappresentazione digitale di qualsiasi bene e di ampie categorie di diritti. La tecnologia blockchain permette l’emissione di questi token mediante l’utilizzo di ‘smart contract’, ovvero programmi trascritti ed eseguiti su blockchain.
A seconda dell’ambito di utilizzo si può rendere necessario l’utilizzo di specifici token, tra loro diversi anche per natura. Ad esempio, mentre l’impiego di token ERC-721 risulta utile nella lotta ai falsi d’arte, non è possibile sostenere lo stesso per i token ERC-20. Infatti, mentre i primi risultano essere non fungibili, ovvero unici, non intercambiabili e indivisibili (dunque coerenti con le caratteristiche identificabili in un’opera d’arte), i secondi risultano essere fungibili e quindi intercambiabili gli uni con gli altri (dunque ottimi per essere scambiati tra di loro, come i contanti o l’oro).
La tokenizzazione (ovvero il processo in cui il valore ed i diritti sottesi ad un bene vengono incorporati e rappresentati da un token digitale) è quindi un in grado di incentivare gli investimenti in opere d’arte, per una serie di motivi:
E anche le tecnologie sono disponibili. Queste operazioni possono essere facilitate sfruttando i meccanismi di piattaforme già esistenti basate su blockchain (come SEED Venture), che permettono ai proponenti di creare i diversi pool di opere d’arte, consentendo agli investitori di ricevere token rappresentativi del paniere al momento dell’investimento (l’emissione dei token avviene in seguito all’investimento nel paniere, grazie agli smart contract sviluppati); questi token possono poi circolare liberamente ed essere scambiati tra di loro, attraverso delle dinamiche che consentono anche di liquidare il relativo investimento in qualsiasi momento.
Diventa pertanto ancora più semplice comprendere i benefici che la tecnologia blockchain è in grado di apportare al mercato dell’arte, consentendo la tokenizzazione delle opere d’arte ed il conseguente incremento degli investimenti, resi più semplici dalla maggiore accessibilità, dall’esperienza dei proponenti dei pool di opere, dalla diversificazione e dalla rapida liquidabilità dell’investimento.
Questi investimenti, oltre ad essere intesi – in senso stretto – nell’acquisto di una determinata ‘quota’ di un’opera, possono essere anche visti come un investimento volto alla ristrutturazione ed alla valorizzazione di opere che altrimenti non potrebbero mai rivedere lo splendore di un tempo, permettendo al proprietario originario di accedere a risorse altrimenti non disponibili e allo stesso tempo agli investitori di accedere ad una valutazione economica ridotta dell’opera stessa, oltre che di contribuire concretamente al recupero di patrimoni artistici.
La tecnologia blockchain sta diventando mezzo fondamentale per la sopravvivenza dignitosa e la crescita prospettica meritata dal mercato dell’arte, sempre di più destinato a fare affidamento alle nuove tecnologie, per diventare più rigoglioso, sicuro e alla portata di tutti.
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“Heroes”, donne e uomini che hanno cambiato il mondo. 20 ritratti dipinti su sacchi di juta e “aumentati” da contenuti multimediali.
Matteo è nato a Feltre, in provincia di Belluno, e sin da piccolissimo – grazie al padre e allo zio che scultore – ha respirato arte. Ha frequentato l’Istituto d’Arte di Pozza di Fassa e l’Istituto professionale di Ortisei dove, nel 2010, ha conseguito il diploma di maestro scultore. Nel 2011 e 2012 ha proseguito gli studi presso l’Accademia di Monaco di Baviera per tornare poi a Carrara, capitale del marmo.
Lo abbiamo incontrato per parlare di arte, artigianato, legno e marmo.
Questo è il risultato della nostra “chiacchierata”.
1. Ciao Matteo, vorrei iniziare giocando con le definizioni. Ti senti più artigiano o artista e qual è il confine tra le due definizioni?
Mi interrogo sull’argomento fin da quando ero un ragazzino, anche la mia tesi di laurea triennale indagava sul confine sottile tra artigianato e arte. Per artigianato s’intende tutto ciò che comprende l’attività svolta con l’utilizzo delle proprie mani, della propria creatività e della tecnica che permette di trasformare le materie prime in prodotto.
L’artigianato comprende tutte quelle tecniche ed abilità manuali che permettono all’uomo di realizzare un manufatto utilizzando una materia prima e trasformarla in prodotto.
L’artigiano è quindi un tecnico, guidato dall’esperienza, che è in grado di eseguire una lavorazione impiegando poco tempo e ottenendo un risultato ottimale. La definizione di artigiano è quindi ben definita mentre per quella di artista ognuno ha il suo punto di vista.
Per me l’artista è colui che sviluppa un progetto attorno a un’idea. Non deve necessariamente conoscere alla perfezione la tecnica per sviluppare il suo progetto perché per quello può rivolgersi ad un bravo artigiano.
Personalmente non mi piace definirmi ne artigiano ne artista, mi sento fortunato a possedere le conoscenze e competenze tecniche che mi permettono di realizzare le mie sculture, forse quindi mi sento un po’ tutte e due.
2. Partiamo dalla tua infanzia, sei nato respirando legno sin da piccolo. Essere uno scultore è stata una scelta o una naturale svolgersi dei fatti?
Mio papà è un artigiano del legno, fin da piccolo lo vedevo scolpire e volevo farlo a mia volta. Sono un tipo molto curioso e determinato e credo sia sviluppato tutto in maniera molto spontanea. Da piccolo intagliavo piccoli galletti di legno nel laboratorio e poi, pian piano, ho voluto fare qualcosa di più, progettare un’idea che fosse solo mia. Per questo ho scelto di proseguire gli studi delle tecniche della scultura e iscrivermi in accademia: per imparare a sviluppare un’idea e un progetto che non fosse solo oggetto ornamentale.
3. L’esperienza all’estero: come ha influenzato il tuo percorso?
All’epoca ero ancora piccolo, avevo appena finito la scuola di scultura della Val Gardena dove mi era stato insegnato a eseguire più che a pensare. In Accademia a Monaco mi veniva chiesto di sperimentare ma in quel momento non ero pronto, ero ancora troppo legato alla tradizione lignea e all’idea di scultura classica. Frequentai solo un anno e poi mi ritirai. Credo che l’esperienza in Germania mi abbia aperto lo sguardo verso nuove possibilità solo una volta fatto rientro a casa. Tornato in Italia mi sono spostato a Carrara, con un po’ di maturità in più e tanta voglia di imparare qualcosa di nuovo.
4. Il legno, così come il marmo, sono materiali antichi e storici. Qual è il rapporto con la tecnologia invece?
La tecnologia è presente in alcune delle mie opere. È vero che il legno e il marmo sono materiali antichi ma non lavorarli utilizzando tecniche attuali potrebbe essere un passo indietro. A mio parere è importante conoscere le tecniche della lavorazione di una scultura, che sia in legno o in marmo, la tecnologia può però aiutare a velocizzare il processo di lavorazione e assumere un significato simbolico. La tecnologia può quindi diventare un mezzo con cui esprimere nuovi contenuti. Michelangelo scolpiva le sue sculture a mano, con scalpelli temperati e mazzuoli di ferro dolce, aiutato da abili artigiani. Attualmente uno scultore può utilizzare, per la riproduzione di un suo modello, un robot da scultura – con frese diamantate – messo in funzione da un tecnico specializzato in scultura digitale. I tempi sono differenti ma il processo di realizzazione sembra sempre il solito, a mutare è l’idea di arte.
5. C’è un fil rouge che collega tutte le tue opere o sono frutto di ispirazioni estemporanee?
La mia ricerca in ambito scultoreo è in continuo divenire, le mie opere sono frutto di un continuo processo di rielaborazione. Inizialmente con le mie sculture cercavo di distaccarmi completamente dalla scultura classica, ma non ci riuscivo particolarmente bene. Crescendo mi sono reso conto di quanto la classicità e la tradizione siano parte integranti della mia storia e ho smesso di evitarle, cercando di farle mie. Inoltre cerco in ogni scultura di far mio il pensiero di montagna, fare con quello che si ha e ridurre gli sprechi, per questo molte delle mie opere sono realizzate con scarti della lavorazione del legno e del marmo.
6. Parlando di tecnica, viene prima la scelta del materiale o l’ispirazione? Prima l’idea del Pensatore e poi il marmo, o viceversa?
Per me viene prima il materiale, è un modo per iniziare una riflessione. Prediligo il legno. Mi piace scolpirlo e questo fa parte della tradizione della mia terra d’origine, il Trentino. Arrivato a Carrara ho poi conosciuto il marmo e mi ha affascinato molto, anche se è un materiale più freddo e duro, ti spinge a essere più riflessivo. Certo, un’idea di base c’è sempre e anche strutturata, poi mi lascio guidare da quel che è il materiale, non spaventandomi se trovo un’imperfezione ma cercando di renderla la chiave dell’opera.
7. Umano troppo umano è il titolo della tua ultima mostra: come mai hai attinto da Nietzsche per il titolo?
Il titolo mi è stato proposto da uno degli organizzatori della mostra che si è svolta presso lo spazio espositivo del liceo artistico di La Spezia. Ho accolto positivamente questo suggerimento perché credo possa rappresentare al meglio l’essenza del mio lavoro. “Umano troppo umano” perché con le mie sculture ricerco l’interiorità, un pezzetto alla volta, processo che è evidente nella forma esteriore dell’opera, apparentemente e ad un primo sguardo perfetta e completa sotto ogni aspetto.
8. Nell’omonimo saggio il filosofo tedesco dice: “Tutta la vita umana è profondamente immersa nella non verità.” Che rapporto ha la tua arte con la verità?
Le mie realizzazioni ultimamente sono ritornate al classico e questa è già per me una prima verità. Il classico e il tradizionale mi appartengono e sarebbe stata una bugia non farli rientrare nelle mie opere. Per la realizzazione delle mie sculture inoltre, utilizzo modelli reali, quindi anche in questo caso sono legato alla realtà. Per l’opera dal titolo “Nonno”, realizzata inizialmente modellando l’argilla mentre osservavo il volto di mio nonno, ho utilizzato scarti della lavorazione del legno. L’immagine dell’anziano, del vecchio, è esaltata e presentata in grande dimensione ma in realtà, e la gente nota solo in avvicinandosi, è realizzata con piccoli pezzettini di legno di scarto. Una sorta di costruzione che compongo un pezzo alla volta ricercando un’unione tra immagine e contenuto.
9. Da sempre rientra tra i ruoli dell’artista anche quello del “sapersi promuovere” o – più cinicamente – vendere. Tu come gestisci l’aspetto manageriale del tuo lavoro?
Ogni giorno che passa sono sempre più convinto che sia importante sapersi vendere quanto saper lavorare. Nell’era digitalizzata se non stai al passo con i tempi è difficile farsi conoscere, basti pensare ai social network, se non ci sei non esisti. Personalmente faccio molta fatica a utilizzarli in maniera efficace e costate, sono una persona semplice ma sto lavorando per migliorarmi. Molta importanza hanno poi le partecipazioni a mostre e concorsi, sono occasioni per confrontarsi con gli altri artisti e con il pubblico con cui mi piace intrattenermi per ascoltare dal vivo il loro punto di vista sulle mie realizzazioni.
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Una tempesta terribile si abbatté sul mare. Lame affilate di vento gelido trafiggevano l’acqua e la sollevavano in ondate gigantesche che si abbattevano sulla spiaggia come colpi di maglio, o come vomeri d’acciaio aravano il fondo marino scaraventando le piccole bestiole del fondo, i crostacei e i piccoli molluschi, a decine di metri dal bordo del mare.
Ventuno tessere come le lettere dell’alfabeto. Da un lato i colori cangianti delle illustrazioni di sette giovani artisti. Dall’altro, in caratteri tipografici, il nome di un animale e un sostantivo che contrassegna il rapporto dell’uomo, tutt’altro che etico, con quell’animale. Dalla A di astice/acqua alla Z di zebra/zoo. Le “Cartaviglie degli animali” sono la ristampa aggiornata del volume edito da Safarà nel 2016 “Abbecedario degli animali”, curato dal ricercatore Alessandro Fiori in collaborazione con l’associazione Essere Animali. La differenza, oltre al formato e al titolo, è nell’applicazione della realtà aumentata per la fruizione dei contenuti. In una scheda a parte sono fornite le istruzioni: il lettore deve scaricare la app Wikitude sul proprio smartphone, digitare il nome Cartaviglie nel motore di ricerca e puntare il dispositivo sulle singole tessere. Le illustrazioni improvvisamente si animano e dalle singole lettere si accede a dati, fonti autorevoli e verificate, ricerche internazionali e articoli linkabili sul mondo animale. L’arte, la scienza e la tecnologia si mettono in dialogo in questa pubblicazione che inaugura la collana omonima “Cartaviglie”, nome che fa l’occhiolino a Gianni Toti, il poetronico inventore di questa crasi tra “carta” e “meraviglie”, mirabile sintesi dell’integrazione tra supporto fisico e digitale che avviene con la realtà aumentata.
Abbiamo già parlato di realtà aumentata nelle sue implicazioni con l’arte.
Le “Cartaviglie degli animali” mettono invece in luce l’ABC delle potenzialità della realtà aumentata rispetto all’editoria:
Tutti i testi scientifici o di ricerca si scontrano con la velocità rapidissima di aggiornamento dei dati. Oggi il libro tradizionale rischia di diventare un oggetto rapidamente obsoleto. Da “Abbecedario degli animali” alle “Cartaviglie degli animali”, tutti i contenuti e le fonti sono stati aggiornati e controllati. Destinare la loro fruizione online consente di poter svolgere un aggiornamento permanente: verificare il funzionamento dei link (quante volte le sitografie dei libri sono inutilizzabili); portare nuovi dati in evidenza; correggere in itinere le informazioni.
Il lettore non compra un libro ma un oggetto aggiornato e verificato, in continua trasformazione.
Il digitale non ha limiti di spazio o di numeri di pagina. L’aggiornamento delle informazioni fruibili grazie alla realtà aumentata consente di aumentare la durata di vita delle singole pubblicazioni. Riduce la quantità di titoli che vanno periodicamente al macero e, a proposito della sostenibilità ambientale, tema centrale delle “Cartaviglie degli animali”, s’inserisce in una dinamica ecologica ed economica virtuosa.
I dati dicono che in Italia ci sono pochi lettori di libri, ma non abbiamo mai letto tanti dati e tante informazioni come in quest’ultimo decennio. La realtà aumentata rende il libro uno strumento allineato e non contrapposto all’affermarsi dei modelli di trasferimento digitale della conoscenza. Integrare contenuti fisici a digitali, attraverso link o percorsi, rende il lettore protagonista di un’esperienza immersiva, personale, interattiva. Lo suggerisce anche il formato delle tessere sciolte delle “Cartaviglie degli animali”: non ci sono percorsi preordinati.
Il libro tradizionale è deposito della parola scritta e della visione di oggetti bidimensionali statici. La realtà aumentata invece permette al libro di integrare molti altri canali con cui apprendiamo le informazioni. Nelle “Cartaviglie degli animali” le illustrazioni in realtà aumentata si animano. Ugualmente un catalogo d’arte può far navigare il lettore tra le riproduzioni di opere in altissima risoluzione; una monografia di un’artista presentare materiali di archivio, sonori, in movimento. Senza pensare alle implicazioni della realtà aumentata nella didattica e nell’editoria scolastica.
Insomma la realtà aumentata non è un semplice qr-code e nemmeno ha a che fare con l’e-book. Come i qr-code, ma senza richiedere la stampa di un codice, la realtà aumentata attiva i contenuti dal riconoscimento della pagina target a partire dalle sue geometrie e dialettiche tra spazi pieni e vuoti. I contenuti, a differenza di quanto avviene nell’e-book, vivono e si attivano nella loro relazione con il supporto fisico.
Insomma la realtà aumentata è indubbiamente una delle tecnologie a più alto impatto per l’editoria: permette di innovare i volumi esistenti e di creare persino nuove tipologie o format di prodotto. Noi lo abbiamo iniziato a fare già nel 2018 con La parola poesia è la prima poesia, un viaggio nell’archivio multimediale di Gianni Toti.
La collana Cartaviglie avrà altre uscite. Seguiteci nel sito dedicato per rimanere informati.
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Il progetto POETRONICART 4.0: COMPLETAMENTO DELL’INFRASTRUTTURA TECNOLOGICA ha ottenuto un finanziamento di Euro 40.230,32 dalla Regione Friuli Venezia Giulia sul bando POR FESR 2014–2020. Attività 2.3.b.1 bis – Aiuti agli investimenti e riorganizzazione e ristrutturazione aziendale delle PMI”.
Il progetto di investimento in tecnologie dell’informazione e della comunicazione ha lo scopo di COMPLETARE, IMPLEMENTARE, CONSOLIDARE E INTEGRARE L’INFRASTRUTTURA TECNOLOGICA di POETRONICART, in aderenza alla sua natura di MARKETPLACE e MULTIPIATTAFORMA DIGITALE integrata, multicanale e multidevice, atta a erogare e mettere a disposizione strumenti e nuove tecnologie selezionate e realizzate per supportare gli operatori dell’arte e dei beni culturali iscritti alla piattaforma, regolare e rinnovare il mercato attraverso registri blockchain e gestire al meglio la community.